Ingredienti per una birra di successo

Ingredienti per una birra di successo

Dev’essere stato un uomo saggio ad inventare la birra.” (Platone)

MATERIE PRIME

ACQUA: il requisito indispensabile, previsto dalle normative vigenti, è la sua potabilità; pertanto, nella produzione della birra e della birra artigianale, è possibile utilizzare l’acqua fornita dalle reti idriche urbane, poiché rispetti questa normativa.

Alcuni birrifici, sia industriali che artigianali, hanno la fortuna di utilizzare acqua di fonte, che caratterizza senza ombra di dubbio, le proprie produzioni.

A volte vengono eseguiti alcuni trattamenti all’acqua:

-filtrazione preliminare: rimuove le particelle presenti naturalmente in sospensione dell’acqua, ma non i sali minerali;

-filtro a carboni attivi: rimuove il cloro;

-esposizione a luce ultravioletta: riduce la carica batterica dell’acqua; l’acqua a questo punto potrebbe essere utilizzabile.

Esiste tuttavia la possibilità di regolarne le caratteristiche chimico-fisiche in base alla tipologia di birra da produrre attraverso il procedimento dell’osmosi inversa.

Questo procedimento, consente all’operatore di eliminare la maggior parte dei sali minerali contenuti nell’acqua, per renderla il più neutra possibile, così da integrare i sali minerali più idonei per lo stile di birra scelto.

Il trattamento “più artigianale” e più longevo è rappresentato dall’utilizzo della calce idrata, che opportunamente dosata fa precipitare i carbonati di calcio diminuendo la durezza dell’acqua.

Le birre che richiedono una luppolatura “generosa” sono normalmente quelle in cui l’acqua deve essere maggiormente controllata, perché la durezza incide negativamente sull’amaro rendendolo poco elegante.

L’esempio più significativo è rappresentato dalla PILSENER, birra Ceca originaria della città di Pilzen, famosa per l’acqua povera di carbonati di calcio che consentì fin da subito l’utilizzo di importanti quantità di luppolo nobile (Saaz), valorizzando aroma e amaro.

Un altro esempio significativo di come l’acqua incida sulla produzione della birra, lo troviamo nella cittadina di Burton-on-Trent in Inghilterra, dove l’acqua ha una durezza nettamente più alta di Pilzen, e consente comunque di valorizzare birre luppolate grazie all’alta presenza di solfati e carbonati.

In conclusione, ogni popolo ha saputo caratterizzare le pro-prie birre, partendo dall’acqua che aveva a disposizione.

 

MALTO: l’anima della birra è rappresentata dal cereale, da cui ne deriva la componente alcolica e il corpo. Nel corso della storia diverse popolazioni hanno utilizzato diversi tipi di cereali, ma quello che è universalmente riconosciuto più idoneo a produrre birra è l’orzo maltato; è possibile maltare la maggior parte dei cereali.

La maltazione è un processo di germinazione controllata attraverso il quale il maltatore stabilisce che tipo di lavorazione dovrà fare il birraio: più o meno articolata.

Lo scopo principale della maltazione è attivare un enzima presente nel chicco stesso; questo enzima, alle opportune temperature, può ridurre in zuccheri più semplici l’amido contenuto nel chicco che rappresenterebbe un nutrimento troppo complesso per il lievito. Se la maltazione ha inizio con una umidificazione del chicco, la fase finale è rappresentata dall’essicatura; una bassa temperatura consente di ottenere malto chiaro da cui originano birre chiare, aumentando progressivamente la temperatura, il colore del malto passerà dal dorato, all’ambrato, fino a raggiungere il nero, ottenuto da una vera e propria tostatura. Il colore di un malto incide sul sapore, ma non ha nulla a che vedere con la gradazione alcolica della birra.

Citiamo alcuni esempi di birre in cui la scelta del malto diventa una caratteristica dominante:

-HELLES: birra tipica di Monaco, chiara, leggera e dal carattere maltato;

-BOCK: birra tedesca, dalle diverse sfumature ambrate, morbida e poco amara;

-STOUT: birra irlandese, scura per eccellenza, secca, leggera con sentori riconducibili al malto tostato.

LUPPOLO: se il malto è l’anima il luppolo rappresenta il carattere della birra. Il suo nome botanico è LUPULUS HUMU-LUS, si tratta di una pianta dioica con proprietà amaricanti e antisettiche; per la produzione della birra si utilizzano i fiori degli individui femminili non fecondati della specie.

Il luppolo si divide in due grandi famiglie, quello da aroma e quello da amaro; alla base di questa distinzione, ci sono due caratteristiche: il contenuto di alfa-acidi per quello che riguarda il potere amaricante e la quantità di oli essenziali per quello che riguarda l’aroma. Il luppolo, per come si presenta in natura, è raramente utilizzato, per agevolarne l’utilizzo subisce due tipi di trattamenti la tostatura, cui segue la pellettizzazione; in questo modo diventa più fruibile e dosabile a discapito delle qualità aromatiche e amaricanti.

Recentemente l’attenzione dei consumatori si sta spostando sempre di più verso birre particolarmente caratterizzate dal luppolo, fra cui le INDIAN PALE ALE (I.P.A.), birre di medio corpo contraddistinte da una spiccata luppolatura e le AME-RICAN PALE ALE (A.P.A.) più leggere e fruttate.

LIEVITO: il lievito è il vero birraio!

Il lievito è un organismo unicellulare responsabile della fermentazione: il suo compito è quello di metabolizzare gli zuccheri estratti dal malto per convertirli principalmente in alcool e anidride carbonica.

Esistono tre macro-famiglie di lieviti che identificano a loro volta tre tipologie di fermentazione: SACHAROMYCES CEREVISIAE, SACHAROMYCES CARLSBERGENSIS, BRETTANOMYCES.

Il lievito può vivere fino a temperature di 40°C, ma per ottenere determinati risultati organolettici, l’uomo ha imparato a identificare la corretta temperatura di lavorazione di ogni lievito.

Il Sacharomyces Cerevisiae esprime le sue potenzialità a temperature di fermentazione comprese fra 18-20°C (Alta Fermentazione) producendo esteri che riconducono alla frutta matura, l’esempio più lampante è la Weizen (Weiss), birra tedesca, i cui caratteri descrittivi sono i profumi di banana matura e i chiodi di garofano. A temperature comprese fra gli 8-10°C (Bassa Fermentazione), il Sacharomyces Carlsbergensis, da il meglio di sé, produce birre dai profili armatici più puliti, lasciando ampio spazio per “giocare” con il malto e il luppolo, un esempio lo troviamo nella Marzen, birra tedesca, in cui il bilanciamento tra il malto e il luppolo è reso possibile da questo lievito. Il Brettanomyces, è un lievito selvaggio, in cui non si controlla la temperatura di fermentazione, le birre che derivano da queste fermentazioni sono caratterizzate da sentori decisi e non propriamente puliti, i Lambic sono il tipico esempio di birre a fermentazione spontanea (birre di origine belga).

 

INGREDIENTI SPECIALI:

Per alcune birre si utilizzano ingredienti speciali, come spezie e frutta, un po’ per tradizione e un po’ per moda.

Soprattutto in Belgio esistono da anni birre prodotte con spezie come la Blanche o con frutta come le Kriek e le Framboise.

Liberamente ispirato a “Bionda a chi? La birra artigianale… un’altra storia” di Filippo Bitelli, Andrea Govoni e Michela Zanotti, pubblicato da Edizioni del Loggione srl - www.loggione.it

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