Fasi produttive della birra artigianale

Fasi produttive della birra artigianale

Chi beve birra campa cent’anni.” (Anonimo)

Il primo passo per la produzione della Birra Artigianale è la fase di MACINATURA: essa consiste nel prendere il cereale maltato e macinarlo in maniera grossolana, al fine di poter “aprire” i chicchi. Questo processo permette all’acqua di penetrare all’interno del cereale per attivare e disattivare gli enzimi che servono successivamente durante la fase di ammostamento.

Per la produzione è preferibile utilizzare l’orzo distico (due file di chicchi per spiga), per la maggiore quantità di amido che può rendere disponibile il cereale, tuttavia si producono birre anche con cereali diversi dall’orzo (Es.: WEIZEN = Frumento), alcuni dei quali usati crudi, cioè non maltati.

La MISCELAZIONE è la seconda fase, con la quale si inizia effettivamente la produzione della birra.

A seconda della ricetta impiegata, si miscelano quantità variabili di acqua e cereale frantumato.

La miscelazione avviene in un serbatoio chiuso e coibentato, denominato CALDAIA DI AMMOSTAMENTO: essa è dotata di un agitatore interno motorizzato, di un sistema di riscaldamento indiretto, di sonde di temperatura e di un sistema d’aspirazione e abbattimento del vapore acqueo che si sviluppa durante la cottura.

La caldaia di ammostamento lavora a pressione ambiente.

La terza fase è l’AMMOSTAMENTO, qui si attivano enzimi che vanno a modificare la struttura organolettica della birra; i passaggi più importanti di questa fase sono:

La FITASI – lavora tra i 30°C e i 52°C - fase in cui viene abbassato il PH della miscela (valori compresi tra 4,44 e 5,5)

La BETAGLUCANASI – lavora tra i 36°C e i 45°C - fase di produzione in cui si vanno a degradare i betaglucani (degradandoli molto si ottiene una filtrazione migliore; degradandoli meno si otterrà una migliore stabilità colloidale della schiuma della birra – è quindi opportuno trovare il giusto compromesso - PH compreso tra 4,5 e 5,0).

La PROTEASI e la PEPTIDASI – lavorano tra 46°C e i 57°C – fase in cui avviene la degradazione delle proteine e la produzione di FAN (PH compreso tra 4,6 e 5,2),

La BETA-AMILASI – lavora tra i 62°C e i 65°C - fase in cui avviene la degradazione dell’amido in maltosio (zuccheri fermentiscibili).

La ALFA-AMILASI – lavora tra i 72°C e i 75°C - fase in cui avviene la degradazione dell’amido in destrine (zuccheri non fermentiscibili).

In genere la fase di ammostamento dura da 1,5 alle 2 ore circa, secondo opportuni diagrammi di infusione che variano per ogni tipologia di birra. Alla fine di questo trattamento la miscela raggiunge una temperatura compresa tra i 78°C e gli 80°C; a questo punto si può eseguire il test dello iodio e verificare la completa conversione dell’amido in zuccheri. Questo test consiste nel mettere su una superficie bianca alcune gocce di iodio e altrettante di mosto: ottenendo un colore arancio scuro significa che la saccarificazione è completa, mentre, se rimane un colore scuro tendente al nero, bisogna continuare la sosta a 78° C.

Le soglie di temperature e di PH variano a seconda della “scuola” cui si intende far riferimento.

Il quarto punto della produzione è la FILTRAZIONE, ha lo scopo di separare il mosto limpido dalle bucce del cereale.

Il tino di filtrazione è un recipiente coibentato con un setto filtrante posto sul fondo e una intercapedine proporzionata alle dimensioni del recipiente; il setto filtrante ha lo scopo di mantenere le bucce del cereale che rappresentano il filtro vero e proprio. La prima parte della filtrazione consiste nell’aspirare del mosto al di sotto del setto filtrante per poi reimetterlo al di sopra del letto di trebbie; la circuitazione avviene quindi in modo che il mosto non si ossigeni. È normalmente prevista una sezione di tubo trasparente “specola” con cui verificare la limpidezza del mosto; una volta che il mosto è limpido lo si può indirizzare verso il tino di bollitura. Durante la filtrazione è opportuno irrorare le trebbie con acqua calda massimo 78°C al fine di recuperare tutti gli zuccheri ottenuti nella fase di ammostamento.

La fase di BOLLITURA e LUPPOLATURA del mosto ha una durata che va da un minimo di 60 a un massimo di 90 minuti, durante i quali si caratterizza ulteriormente la futura birra:

- eliminazione del dimetilsolfuro (es: sentore di mais cotto); - coagulazione delle albumine che aumentano la stabilità della birra;

- concentrazione delle sostanze zuccherine a seguito della perdita di acqua, ottenendo il grado plato previsto nella ricetta;

- sterilizzazione del mosto.

Durante la bollitura vengono aggiunte al mosto anche le spezie per caratterizzarne il profilo organolettico prima fra tutte il luppolo; una volta raggiunti i 90°C quest’ultimo inizia a cedere al mosto parte delle sue sostanze amaranti (Alfa Acidi) e gli oli essenziali, il periodo di estrazione utile non supera i 60 minuti. Generalmente si utilizzano a inizio bollitura luppoli con Alfa Acidi elevati, per conferire amaro al mosto, mentre durante gli ultimi minuti della bollitura, se non a bollitore spento, si utilizzano luppoli più delicati per conferire aroma.

A fine ebollizione il mosto subisce un ulteriore processo, detto WHIRPOOL: tecnica di chiarificazione del mosto. In questa fase si impartisce al mosto una rotazione e per effetto della forza centripeta tutti i solidi convergono nel centro del tino, depositandosi formando un cono. Questo cono è prevalentemente formato da sostanze proteiche flocculate e da residui del luppolo.

Dopo il processo di Whirpool, il mosto limpido viene prelevato e convogliato nello scambiatore di calore per effettuare un RAFFREDDAMENTO ad una temperatura idonea alla semina del lievito, per poi arrivare ad uno dei fermentatori.

Durante il trasferimento del mosto dallo scambiatore al serbatoio di fermentazione viene insufflata aria sterile, necessaria ad avviare correttamente i processi fermentativi.

Queste poche righe vogliono essere un’indicazione di quanto sia importante il lavoro svolto dal lievito nel processo di produzione di birra artigianale: tuttavia, esse non sono affatto sufficienti a spiegarne completamente il metabolismo e il funzionamento.

I veri birrai sono i lieviti... noi ci occupiamo solo di preparare il campo alla loro azione!

Al mosto ossigenato contenuto nei serbatoi di fermentazione e maturazione viene aggiunto il lievito per ottenere la trasformazione degli zuccheri in alcool e anidride carbonica. La temperatura di fermentazione è controllata mediante il circuito d’acqua gelida che scorre in una camicia di raffreddamento di cui sono dotati i serbatoi.

La FERMENTAZIONE dura tra i 4 e i 10 giorni a seconda del tipo di birra che si intende produrre.

Al termine della fermentazione, i serbatoi vengono chiusi in modo che l’ambiente si saturi di anidride carbonica e tramite la regolazione di una valvola, si decide quanta ne deve uscire, regolando in tal modo la gasatura della birra finita.

Il periodo di maturazione dura dalle 3 settimane ai 4 mesi a seconda della birra prodotta.

Abbassando la temperatura in fase di maturazione si otterrà della birra più limpida.

Il lievito è uno dei componenti fondamentali nella creazione di qualsiasi tipologia di birra; si tratta infatti di un organismo unicellulare che può mutare il proprio metabolismo in funzione dell’ambiente in cui vive: durante la fase aerobica si nutre di zuccheri fermentiscibili e di ossigeno, poi si propaga; quando finisce l’ossigeno, cambia il metabolismo e vivendo in anaerobiosi, produce alcol, calore e anidride carbonica.

La fermentazione e il lievito determinano le caratteristiche di ogni birra; si distinguono infatti:

-Fermentazione spontanea: solo per alcuni tipi di birra belga, sono contraddistinte da una spiccata acidità.

-Fermentazione bassa: si utilizza il SACCAROMYCES CARLSBERGENSIS che agisce a una temperatura compresa fra gli 8°C e i 10°C; le cellule di lievito si staccano le une dalle altre e non opponendo resistenza all’azione dell’anidride carbonica, precipitano sul fondo del fermentatore. In questo modo si vanno a produrre birre più secche e dai sentori “puliti”.

-Fermentazione alta: si utilizza il SACCAROMYCES CEREVISIAE che agisce a una temperatura compresa fra i 18°C e i 20°C; propagandosi forma delle colonie che occupano una larga superficie e le bollicine di anidride carbonica lo sospingono sulla superficie del tino di fermentazione.

Le birre che ne derivano hanno un profilo organolettico più complesso. È molto interessante verificare le differenze organolettiche tra due birre ottenute con lo stesso mosto ma fatte fermentare con lieviti diversi.

Per poter garantire le migliori condizioni organolettiche, è necessario eseguire giornalmente controlli microbiologici sulle superfici di lavoro come i fermentatori, le bottiglie e gli impianti di confezionamento.

Questo sistema di prevenzione, consente di capire immediatamente se si sta innescando una proliferazione di lieviti selvaggi indesiderati e di stroncarla sul nascere in modo da preservare le ottimali condizioni di fauna autoctona del birrificio.

Terminata la maturazione, la birra è pronta per il confezionamento.

Il CONFEZIONAMENTO: per garantire una migliore qualità della birra, tutti i travasi compresi l’INFUSTAMENTO e l’IMBOTTIGLIAMENTO dovrebbero avvenire in maniera isobarica: la birra cioè non dovrà mai trovarsi a contatto con l’aria, che potrebbe guastarla avviando un processo di ossidazione.

I formati fruibili per un birrificio artigianale sono, indipendentemente dai volumi, due: le bottiglie e i fusti.

Il confezionamento dei fusti presenta meno difficoltà rispetto alle bottiglie, perché vengono messi normalmente in pressione al termine del ciclo di lavaggio; il processo di riempimento prevede che la birra possa entrare da un particolare innesto sul fusto e che contemporaneamente uno sfiato consenta all’anidride carbonica presente nel fusto di uscire. Nei sistemi di infustamento più evoluti un contalitri indica all’operatore l’avvenuto riempimento, in quelli manuali l’operatore ha un indicatore visivo.

Le bottiglie vengono normalmente consegnate su bancali sigillati termicamente.

Le imbottigliatrici più performanti garantiscono un risciacquo preventivo di ogni singola bottiglia prima che questa venga utilizzata; le fasi del riempimento isobarico prevedono che la bottiglia sia riempita e svuotata di anidride carbonica fino ad eliminarne l’aria all’interno, al termine di questo passaggio una valvola consente l’afflusso della birra che si fermerà automaticamente una volta raggiunto il volume desiderato. Una volta riempita la bottiglia uno sfiato provvede a ripristinare la pressione all’interno della bottiglia allineandola con quella atmosferica, in modo da evitare una eccessiva fuori uscita di schiuma. Un corretto riempimento prevede che la bottiglia venga tappata con la schiuma “raso tappo” per evitare che l’aria entri in contatto con la birra innescando l’ossidazione.

La conservazione di fusti e bottiglie si effettua a temperature non superiori ai 10°C sia per la birra ad Alta che per quella a Bassa fermentazione.

Liberamente ispirato a “Bionda a chi? La birra artigianale… un’altra storia” di Filippo Bitelli, Andrea Govoni e Michela Zanotti, pubblicato da Edizioni del Loggione srl - www.loggione.it

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