Birra, fumetti e motori

Birra, fumetti e motori

Non è un segreto che la birra sia da sempre la compagna prediletta dei bikers. In Italia hanno luogo svariate manifestazioni composte dal binomio “birra e moto” e già diverse regioni rinnovano annualmente eventi di questo tipo. In queste occasioni non è difficile scontrarsi con personaggi che sembrano usciti da uno spot televisivo. “Customisti” che indossano giubbotti in pelle arricchiti da patch (gargliardetti) e raccontano dei tragitti percorsi, o stradisti con un look alla Valentino Rossi. Anche se appartenenti a credi motociclistici diversi, condividono tutti un punto in comune: la bionda... la birra!

 

Dalle moto e i fumetti ai libri.

La prima apparizione della birra nell'universo letterario avvenne nella Bibbia, sebbene rimanesse il vino la bevanda ritenuta sacra dalla cristianità.

In epoca più tarda, si ritrovano ulteriori accenni alla birra anche nelle opere di greci e latini, anch'essi grandi amanti del vino.

Successivamente, la birra è citata nelle opere del drammaturgo inglese William Shakespeare che, come i suoi connazionali, ne era un grande appassionato.

Altre figure celebri della letteratura popolare come Maigret e Nero Wolfe, Dylan Thomas, Heine e Joyce hanno subito il fascino irrefrenabile della birra.

Andrea Camilleri, scrittore di alcuni best-seller degli ultimi anni, omaggia la bevanda con il rilancio (dal libretto di Francesco Guidi e melodramma di Luigi Ricci) del Birraio di Preston, reinserito nel titolo di una delle sue opere di maggior successo.

Prendiamo ad esempio un giovane scrittore come Philippe Delerm: con quale titolo decide di lanciare il libro che scala le classifiche e ottiene il gradimento della critica? La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita. Quello di Delerm è un successo che potremmo azzardare definire spumeggiante. Non è da meno neanche quello dell'irlandese Roddy Doyle e il “cockney” Nicky Hornby. Da “The Snapper”, a “Committments”, fino a “The Van”: non vi è libro del primo che non sia stato bagnato dalla birra.

Dai libri alla televisione.

Tempo fa, sugli schermi della tv fece la propria apparizione un certo Johnny Dorelli che, in uno di quei programmi da tipico sabato sera, tenne incollati i telespettatori ai loro televisori grazie a una fortunata imitazione: quella di un commissario coi baffi che da ogni angolo del suo ufficio riusciva a tirar fuori della birra. Dagli oggetti più improbabili, come un telefono o un attaccapanni, bastava una leggera svitata ed ecco che il bicchiere si riempiva. È trascorso parecchio tempo dal “Grasset” dorelliano, rappresentazione spassosa del Maigret firmato su carta da Simenon e in video da Gino Cervi. E ancora più acqua sotto i ponti ne è passata dal Nero Wolfe (birrofilo per definizione, oltre che investigatore brillante ed eccezionale gourmet, esemplare perfetto dell'intenditore e appassionato di birra odierno), ripreso a 23 pollici da Tino Buazzelli e griffato in libreria da Rex Stout.

E il cinema? Dall'Uomo tranquillo di John Ford, passando per i musical di Minnelli, fino ad arrivare al più recente Full Monty o agli Altan in stile western e on the road; dagli intramontabili Blues Brothers attorniati da boccali vuoti mentre suonano del country&western, in un locale americano di periferia, allo spiritoso I due nemici (sì, proprio quello di Sordi e Nive, in cui si narra di una fantomatica birreria dove le birre venivano servite da cameriere che indossavano nient'altro che un grembiulino).

La birra a 35 millimetri scorre da sempre a fiumi.

Innumerevoli sono i film i cui titoli presentano la parola “birra”. Si potrebbe citare The fatal glass of beer o allo scherzoso Pizza, birra y faso di Caltano e Stagnaro.

La birra è anche strettamente correlata alla religione. Sappiamo ad esempio dei doni propiziatori di birra dati in omaggio alle divinità antiche, tra cui potremmo citare Nin-Harra, dea della fertilità, Ishtar, dea della guerra e dell'amore, oppure Osiride, il dio della morte. Basti pensare che era consuetudine delle donne incinte offrire birra alla dea protettrice degli alimenti, Ernenunet, affinché ella garantisse loro il latte necessario a sfamare gli infanti. Ad altre divinità veniva invece data durante le cerimonie funerarie al fine di garantire un riposo sereno al defunto. In queste occasioni ne facevano uso anche familiari e partecipanti al rito, come forma di commemorazione della persona venuta a mancare. La leggenda narra che persino Cleopatra, sul letto di morte, ordinò le venissero portare due coppe di birra, una per sé e l'altra per il dio dell'aldilà, Osiride.

Come disse una volta Frank Zappa: “un paese è veramente un paese quando ha una compagnia aerea e una birra... e alla fine è di una bella birra che si ha più bisogno”.

Liberamente ispirato a “Bionda a chi? La birra artigianale… un’altra storia” di Filippo Bitelli, Andrea Govoni e Michela Zanotti, pubblicato da Edizioni del Loggione srl - www.loggione.it

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